La misura sperimentale opzione donna prevede la possibilità per le donne lavoratrici, sia dipendenti sia autonome, di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico con requisiti contributivi e anagrafici ridotti rispetto a quanto richiesto per accedere a pensione di vecchiaia o pensione anticipata.L’introduzione di questa misura previdenziale risale alla legge n. 243/2004 che, in via sperimentale dal 1° gennaio 2008 fino al 31 dicembre 2015, permetteva di accedere al trattamento pensionistico con un’anzianità contributiva pari ad almeno 35 anni e un’età anagrafica pari ad almeno 57 anni se lavoratrici dipendenti e 58 anni se lavoratrici autonome.Questa facoltà, riconosciuta alle le lavoratrici che risultassero in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, era subordinata alla condizione per la quale il trattamento pensionistico sarebbe stato liquidato con l’applicazione del metodo di calcolo contributivocon la rinuncia al sistema di calcolo misto e una conseguente decurtazione dell’importo dell’assegno.A questo accesso anticipato a pensione si applica quanto previsto dalla legge n. 122/2010 relativamente alle “finestre mobili” (circolare Inps n. 53/2011). Pertanto, per raggiungere il diritto alla liquidazione del trattamento pensionistico, occorrerà attendere, a partire dalla maturazione dei requisiti, 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le autonome.Va ricordato che la riforma Fornero (legge n. 201/2011) aveva stabilito che, non solo la maturazione dei requisiti, ma anche la decorrenza del trattamento pensionistico si dovesse collocare entro lo stesso termine, ma non aveva modificato il regime delle finestre mobili.Successivamente, le Commissioni Parlamentari di Camera e Senato competenti hanno stabilito, con le risoluzioni 7-00159/2013 e 7-00040/2013, che fosse sufficiente la maturazione dei requisiti al 31 dicembre 2015 e non anche la decorrenza della pensione.Infine, l’articolo 1, commi 222-223, della legge di Stabilità 2016 (legge n. 208/2015) ha previsto che l’accesso ad opzione donna è possibile anche qualora il trattamento pensionistico decorra in data successiva al termine ultimo di maturazione dei requisiti richiesti.L’ultima proroga per questa misura sperimentale è stata prevista con il decreto legge n. 4/2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 26/2019, che ha confermato opzione donna per tutto il 2019, come già previsto nella legge di Bilancio 2019 (legge n. 145/2018), dando la possibilità di richiedere questo accesso a pensionamento anticipato a tutte le donne lavoratrici che hanno maturato un’anzianità contributiva pari ad almeno 35 anni e hanno raggiunto almeno 58 anni di età anagrafica se dipendenti, elevati ad almeno 59 anni se autonome, entro il 31 dicembre 2018.Inoltre, i requisiti non verranno adeguati all’incremento della speranza di vita, previsto dall’articolo 12 del D.L. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010.Consulta il DossierQuota 100 e pensioni 2019
Opzione donna e indennità di disoccupazione NASpI
Per quanto riguarda il caso specifico relativo alla fruizione dell’indennità di disoccupazione NASpI nel caso di raggiungimento dei requisiti per il diritto a pensione anticipata con la misura sperimentale opzione donna, la circolare n. 88 del 12 giugno 2019 ha chiarito che sarà necessario far riferimento alle indicazioni già fornite dall’Istituto stesso nella circolare n. 142 del 2015 che a sua volta rimandava alla circolare n. 180 del 2014.Si dovrà, quindi, agire in analogia a quanto a suo tempo era stato chiarito dall’INPS in merito alla fruizione delle indennità ASpI e Mini-ASpI, ormai non più esistenti, nel caso di raggiungimento dei requisiti per il diritto al trattamento pensionistico.Facendo quindi un passo indietro, la circolare INPS n. 180/2014 aveva fornito un’interpretazione molto rigida della legge n. 92/2012 la quale chiariva che le prestazioni di disoccupazione dovevano decadere al momento della prima data utile per la decorrenza del trattamento pensionistico.Nella sua interpretazione, però, l’Istituto non teneva conto che in alcuni casi, come opzione donna, la legge stessa permette alle lavoratrici di avvalersi di requisiti più favorevoli per l’accesso a pensione e che questa può decorrere da una data ricadente all’interno del periodo di percezione dell’indennità di disoccupazione.Con l’applicazione di questa interpretazione così restrittiva, a suo tempo molte donne si sono viste chiedere la restituzione dell’importo percepito con Aspi e Mini Aspi nel periodo della finestra, vale a dire il periodo intercorrente tra l’interruzione dell’attività lavorativa e l’inizio dell’erogazione del trattamento pensionistico.
Considerazioni conclusive
Tenuto presente questo punto e le richieste di chiarimento che erano pervenute, dopo aver acquisito anche il parere del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Istituto ha chiarito, con la circolare n. 142 del 2015, che nei casi in cui l’esercizio di una facoltà di legge, come appunto opzione donna, comporti che il perfezionamento dei requisiti per il diritto a pensione possa avvenire in un momento antecedente all’esercizio della facoltà stessa, ma permetta di ottenere il diritto al trattamento pensionistico solo successivamente all’esercizio della facoltà in questione, sarà possibile per i soggetti interessati usufruire dell’indennità di disoccupazione fino alla prima decorrenza utile successiva all’esercizio delle predette facoltà. Le lavoratrici che hanno usufruito di opzione donna, pertanto, non saranno tenute al rimborso nei confronti dell’Istituto della prestazione di disoccupazione percepita.Di conseguenza, come specificato nuovamente dalla circolare INPS n. 88/2019, sarà possibile fruire dell’indennità di disoccupazione NASpI fino alla prima decorrenza utile successiva alla presentazione della domanda di trattamento pensionistico richiesto con l’esercizio della misura sperimentale opzione donna.
Fonte, IPSOA 02/07/2019